lunedì 18 luglio 2011

Introduzione Dewey - Giulia

Notizia Bio-Bibliografica
John Dewey nasce a Burlington (Vermont), il 20 ottobre 1859. Morì a New York il 01 giugno 1952. Gli antenati di Dewey erano fuggiti dalle Fiandre e si erano rifugiati negli Stati Uniti per le persecuzioni del Duca d’Alba.
A Burlington compì gli studi elementari e medi, poi frequentò l’Università del Vermont, e conseguì il baccellierato nel 1879.
Dopo alcuni anni di insegnamento alle scuole medie, si iscrisse alla facoltà di filosofia dell’Università di Baltimora, ed ebbe come maestri il filosofo Morris e lo psicologo Stanley Hall.
Nel 1884 proprio Morris lo fece chiamare come insegnante alla facoltà di filosofia dell’Università del Michigan, e la collaborazione con Morris fu intensa.
Durante il decennio in cui insegnò ad Ann Arbor, conobbe la studentessa Alice Chipman, che divenne sua moglie. Durante quel decennio, nacquero 3 dei suoi 6 figli, e crebbe il suo interesse psicologico, e tenne conferenze su temi di psicologia dell’educazione.
Il suo interesse per la pedagogia si intensificò nel 1894 quando fu chiamato a dirigere la facoltà di psicologia, filosofia e pedagogia dell’Università di Chicago.  quegli anni furono i più fervidi per la sua attività e fu quello il momento in cui avvenne il distacco dall’hegelismo, già cominciato durante il periodo ad Ann Arbor, in cui lesse William James e Mead (da quest’ultimo riprese la teoria della psichicità, che sorge dalla rottura del rapporto fra l’organismo e l’ambiente, e prima che un nuovo equilibrio possa riemergere).
Nel 1896 vi fu la fondazione di una scuola elementare diretta da Dewey, annessa all’Università di Chicago. Fu questa la “scuola laboratorio”, uno dei primi esempi di scuola attiva.
La maggior parte degli scritti composti da Dewey in quel periodo avevano un carattere o uno sfondo pedagogico. Molti dei 24 membri della “scuola laboratorio” venivano da parti diverse degli Stati Uniti, e alcuni anche dall’estero. Solo 4 erano uomini, il resto erano donne molto colte. Dewey chiamò a co-dirigere la scuola la Young, sua collega alla facoltà di pedagogia di Chicago. Inoltre ebbe intensi rapporti di amicizia con la Addams, fondatrice della Hull House (uno dei primi centri di rieducazione sociale degli USA), donna di fermi principi etico-religiosi.
La Addams insieme alla Young e alla moglie, destarono in Dewey la sua grande fiducia nelle capacità umane e sociali della donna.
Il periodo di Chicago si concluse per Dewey con la sua collaborazione al volume degli “Studi di Logica”, in cui formulò la sua teoria strumentalistica del conoscere e che viene considerato da James come l’atto di nascita della scuola di Chicago.
L’insegnamento hegeliano però non venne dimenticato da Dewey. Esso si ritrova nella concezione di continuità fra l’uomo e la natura, nel nesso che lega uomo e società, e nell’importanza dei valori nella società e nella storia.
Il periodo dal 1905 al 1929, fu quello dell’insegnamento alla Columbia University di New York. Qui Dewey si concentra maggiormente sul problema filosofico e sulla sfera sociale. Ma non veniva meno l’attività e la riflessione pedagogica. Fu di questo periodo, infatti, il principale scritto pedagogico di Dewey, “Democrazia e educazione”, pubblicato nel 1916, nel quale espone la sua intera concezione filosofica.
Sempre in questo periodo vi è il suo massimo interessamento ai problemi sociali e internazionali, soprattutto riguardo la prima guerra mondiale, l’intervento e l’immediato dopoguerra, e dei suoi viaggi in Cina, Giappone, Turchia, Messico e Russia.
I 3 massimi motivi della vita di Dewey (quello filosofico, quello politico-sociale e quello pedagogico) si mantengono vivi e danno cospicui frutti nel periodo successivo al suo ritiro dall’insegnamento, mostrando come, in lui, filosofo, educatore e riformatore sociale siano inscindibilmente congiunti. Molteplici articoli e scritti apparsi su giornali, riviste e libri, documentano la sua partecipazione agli avvenimenti politico sociali americani e internazionali, mossa da un’esigenza di libertà e di giustizia sociale.  questa sua esigenza può essere chiamata ‘esigenza liberale’ (nel senso di ‘liberalismo’), intesa come azione intelligente di gruppi democratici rivolti a una riforma che porti il principio della libertà sottoforma di ‘socialismo di pubblico interesse’.
Dewey sosteneva che i mali degli Stati Uniti derivassero dall’esercizio oppressivo del potere da parte dei magnati della finanza, e compito del liberalismo era quello di usare il potere sociale per migliorare le cattive conseguenze del sistema sociale esistente.





















INTRODUZIONE
LA CONCEZIONE PEDAGOGICA DI JOHN DEWEY
Essendo la visione filosofica di Dewey strettamente connessa alla sua concezione educativa, per capire quest’ultima ci si deve necessariamente riferire ai concetti centrali della sua filosofia. Nella sua pedagogia cosi come nella sua filosofia, i temi essenziali sono :
nesso teoria-prassi
esperienza come interazione e continuità
persona
rapporto tra scienza, filosofia e pedagogia
problema determinato da scienza e tecnica, fonte dei mali contemporanei, dell’industrialismo, della guerra e della decadenza del costume
EDUCAZIONE ATTIVA, CONOSCENZA E INTELLIGENZA
Fondamentale è l’aspetto dell’educazione attiva  il fondamento dell’educazione attiva sta nel fatto che l’unico modo di apprendimento è il compimento di esperienze originali, che ciascuno di noi deve vivere. Sono esperienze che devono essere vissute in prima persona. Un’idea semplicemente trasmessa dall’esterno cessa di essere un atto di conoscenza per divenire un fatto e un oggetto.  Il movimento della scuola attiva è quindi profondamente radicato nella visione moderna della conoscenza e del rapporto che lega la conoscenza all’azione. In questo problema, Dewey era stato preceduto da William James, il vero fondatore del pragmatismo. Tuttavia:
James si è focalizzato sull’indagine etico-religiosa
Dewey si è focalizzato sul campo della logica e dell’educazione
Dewey riprende da James la polemica contro la posizione teoricistica del conoscere, che egli chiama la ‘dottrina del pensiero come spettatore’ (spectator theory), di un mondo fisso e compiuto. Il PRAGMATISMO che Dewey riprende da James, consiste nel fatto che la prova della verità di un concetto sta solamente nelle sue conseguenze, nel corso dell’esperienza.
Egli rovescia la posizione tradizionale, sottolineando che la ‘conoscenza-rispecchiamento’ falsifica la realtà, mentre la ‘conoscenza-previsione’ ne coglie il vero aspetto. La realtà ha un carattere pratico, e la conoscenza, come parte costitutiva di essa, ha anch’essa un carattere dinamico e pratico.
MA QUAL E’ LO SPECIALE MUTAMENTO CHE LA REALTA’ DEVE COMPIERE PER ATTEGGIARSI COME CONOSCENZA?  Dewey concepisce la vita come un interagire continuo degli esseri tra loro e con l’ambiente, e vivere significa per lui sperimentare, dar luogo ad un processo continuo di esperienza. Quindi, lo sviluppo della vita e della realtà consiste nello svolgimento dell’esperienza, che in termini biologici consiste nelle relazioni tra organismi e ambiente e nelle modificazioni che gli organismi apportano all’ambiente per facilitare il loro sviluppo.  perciò il crescere della vita è il risultato della capacità degli organismi di controllare l’ambiente, neutralizzare le circostanze ostili e trovare fattori di sostegno.

Negli stadi più alti dell’esistenza, la lotta per la sopravvivenza assume caratteri tragici. Il rischio della vita si intensifica, e le possibilità di sopravvivenza e di sviluppo vengono a dipendere dalla possibilità dell’organismo di impiegare i fatti presenti come fatti futuri, di anticipare le situazioni nuove in modo da non essere soverchiato da esse, ma in modo da predisporre le condizioni in maniera favorevole alla propria esistenza.  è la natura stessa che ci porta ad essere capaci di dirigere e controllare l’ambiente, poiché essa si fa intelligenza per attuare le proprie potenzialità.

Dewey fa dell’intelligenza e della conoscenza dei ‘caratteri intrinseci della natura’
I mutamenti che avvengono nella natura senza intelligenza sono solo ‘effetti’
L’interazione che dirige il corso del cambiamento si chiama INTELLIGENZA. L’attività intelligente dell’uomo non influenza la natura dall’esterno! È la natura che realizza le sue stesse potenzialità facendosi intelligenza.
In tutto questo l’azione si presenta come un qualcosa di inferiore, di aggiunto. L’azione può seguire, ma essa è soltanto un’appendice esterna al conoscere, non un fatto ad essa inerente. Conoscere e fare sono intimamente connessi fra di loro, e le idee si configurano quindi come piani per l’azione, come anticipazioni del futuro e metodi atti a determinarne il compimento. I prodotti del conoscere sono quindi strumenti che possono servire a costituire i fatti futuri.
STRUMENTALISMO [teoria logica elaborata da Dewey] : teoria secondo cui il pensiero non ha solo la capacità di registrare e rispecchiare la realtà quale è, ma è anche in grado di operare attivamente su di essa per modificarla e migliorarla.
questa teoria si rifà alla
DOTTRINA DEL GIUDIZIO :
in cui il soggetto rappresenta quella parte dell’ambiente verso cui deve effettuarsi una reazione;
il predicato rappresenta la possibile risposta o abitudine verso l’ambiente;
la copula rappresenta l’atto concreto mediante il quale si effettua la connessione tra fatto e significato;
la conclusione è la situazione originaria trasformata, che implica un mutamento nel soggetto e nell’ambiente.
Da qui prende le mosse anche la sua filosofia dell’educazione.
Il concetto del conoscere come partecipazione della mente alla costruzione e alla ricostruzione della realtà sta alla base dell’ideale dell’EDUCAZIONE ATTIVA. Dewey sosteneva che la scuola attiva, la ‘scuola laboratorio’ (che egli fondò presso l’Università di Chicago), aveva come fondamento il fatto che la scuola deve aiutare il fanciullo a formare la sua personalità, attraverso la sua partecipazione a occupazioni manuali in collaborazione con l’insegnante e con i compagni.
perciò la scuola doveva aiutare e guidare l’alunno a diventare l’educatore di se stesso = l’educazione deve essere AUTOEDUCAZIONE, poiché l’apprendere è foggiare autonomamente il proprio contenuto conoscitivo e non una semplice trasmissione di nozioni dall’esterno!

SCUOLA
L’intima connessione che Dewey stabilisce tra conoscere e fare non ricade solo nella scuola elementare ma anche in quella secondaria. Nessuno come Dewey ha insistentemente sottolineato la necessità di superare la divisione tra studi professionali e studi umanistici, tra corsi tecnici e corsi classici. Anche nella scuola secondaria occorre utilizzare il metodo dell’indagine, la discussione e la ricerca personale e di gruppo, e considerare il nesso tra la cultura e la vita.  tutto questo può esserci solo con l’eliminazione della routine scolastica e della divisione tra scuole.
Secondo Dewey occorre fondere scuole di cultura generale e scuole di specializzazione, e cosi Dewey si fa fautore di un UMANESIMO DEL LAVORO (in cui sono unite cultura e saper fare, teoria e prassi). Infatti per lui mantenere la divisione tra scuole significa alimentare le distinzioni sociali.

Inoltre nella scuola di Dewey, poiché l’esperienza è data dall’interazione tra uomo e ambiente, l’individuo si deve sentire solidale con l’ambiente naturale e sociale nel quale vive, e deve volgere le sue forze alla perfezione dell’ambiente stesso. Il principio secondo cui lo sviluppo dell’esperienza si compie attraverso l’interazione indica che l’educazione è un processo sociale.

Il principio secondo cui l’educazione è un processo sociale è quello su cui Dewey ha fatto massimamente leva ne ‘Il mio credo pedagogico’ del 1897. In questo suo scritto, asserisce che il compito primario dell’uomo è quello di inserirsi profondamente nella situazione in cui si trova per trasformarla.
Pertanto, l’educazione deve fornire ai giovani il senso della loro appartenenza sociale, trasmettere il patrimonio delle conoscenze passate e dar loro la coscienza critica del passato.

Perciò l’educazione ha un doppio aspetto secondo Dewey:
1) individuale o psicologico 2) sociale o sociologico

Quindi si deve porre l’individuo nel pieno delle sue capacità affinché possa essere un agente di progresso sociale, ma anche conoscere la società per sapere su quali capacità e attitudini far leva.
La scuola è quindi una “comunità sociale”, di cui l’alunno è membro, insieme ai compagni e agli insegnanti, e ha come compito quello di creare un ambiente semplificato di vita associata in cui si possano apprendere gli aspetti fondamentali della vita intellettuale e pratica e acquisire la capacità di valutarli e modificarli.
Dewey aveva insistito molto sulla valenza storica e sociale della scuola, che doveva diventare scuola attiva, una scuola che insegnasse non solo a leggere e far di conto, ma soprattutto a far conoscere e a sperimentare agli alunni la vita di comunità. Inoltre l’introduzione del lavoro nelle scuole non doveva fare dei giovani dei tecnici atti a svolgere un lavoro fisso e ripetitivo, ma aiutare il fanciullo a sviluppare un senso integrale della sua personalità.
PS: Dewey però non deve essere confuso con un teorico del capitalismo: egli non sosteneva una scuola dove gli alunni dovevano imparare dei mestieri per essere capaci di lavorare, ma la scuola doveva rendere i giovani padroni di se stessi, e in grado di eliminare ogni rigida barriera di classe.
Quindi, la condizione dell’apprendere dell’alunno è in stretta correlazione con l’ambiente sociale e naturale. Tuttavia nel processo di apprendimento svolge un ruolo fondamentale anche l’INTERESSE.  Senza l’interesse e la motivazione il fanciullo non può apprendere. La pedagogia di John Dewey è fondata sul concetto e la teoria dell'interesse e dello sforzo, cioè dell'impegno costante e faticoso da parte del discente e prima ancora del docente, chiamato a fare qualcosa di più che il semplice dispensatore di conoscenze teoriche. Per Dewey non c'è attivismo pedagogico né scuola moderna senza l'uso del lavoro basato sull'interesse.
Sulla base dell’interesse si sviluppa l’unità tra l’ambiente sociale e l’individuo, in cui quest’ultimo però riconosce se stesso e l’ambiente come distinti. Società e individuo sono 2 facce della stessa realtà, e la vera educazione è quella che è sociale e individuale al tempo stesso, che guida l’alunno ad acquisire coscienza di sé nel rapporto con il gruppo e con l’umanità di cui fa parte.
Questi presupposti rendono questo ordinamento della vita umana:
altamente democratico, poiché ad ogni uomo viene data la possibilità di dare un contributo alla società di cui fa parte, attraverso la sua esperienza (interazione fra individuo e società);
connesso alla continuità, poiché ogni esperienza si cala nel presente e modifica il futuro  Dewey lo chiama “PRINCIPIO DELLA CONTINUITÀ DELL’ESPERIENZA” (secondo cui gli insegnamenti acquistano pregio educativo solo quando formano una totalità di esperienza nell’educando; tale totalità è il sentimento di solidarietà dell’individuo con il mondo e con la società, la capacità di autocontrollo, il senso di giustizia, l’equilibrio della vita spirituale).

Quindi la scuola deve avere come preoccupazione la PREPARAZIONE AL FUTURO; ma questa si può effettuare solo se l’alunno è in grado di estrarre da ogni esperienza affrontata un particolare significato.
IN SINTESI : per Dewey, l’esperienza è INTERAZIONE e CONTINUITA’, e questi sono i concetti che stanno alla base della pedagogia di Dewey.

TUTTAVIA : questi concetti non hanno mancato di dare difficoltà nella lettura del pensiero filosofico e pedagogico di Dewey.
Per esempio, non è chiaro come dall’obiettività possano nascere la soggettività e la spiritualità. In questi casi, Dewey sostiene che l’intelligenza, la ragione, il pensiero e l’io siano il prodotto di una deviazione dell’attività vitale dovuta ad ostacoli che deviano il suo movimento. MA il problema è come queste attività possano trasformarsi in soggettività. Dewey non ha un’ulteriore spiegazione su questo punto.
Questa è una grave difficoltà del sistema filosofico di Dewey.
Questa difficoltà dette luogo, nel 1917, ad una opposizione al pensiero di Dewey, quando egli si pronunciò a favore dell’intervento degli Stati Uniti accanto all’Intesa nella Prima Guerra Mondiale. Ad esempio, lo studioso Bourne sosteneva che il pragmatismo si rivelava insufficiente di fronte a una crisi nella realtà sociale che riproponeva il problema della direzione che doveva essere seguita dalla società. Si avvertiva la necessità di sganciarsi dal presente (per quanto successo con la guerra), ma questo sganciamento non era giustificato dal pensiero di Dewey, il quale non faceva posto all’autonomia della mente.
FILOSOFIA, SCIENZA ED EDUCAZIONE
Negli scritti di Dewey posteriori al 1930, si ravvisa la necessità di distinguere nel processo educativo i mezzi dai fini, e le tendenze e capacità dagli alunni dalla finalità ideale dell’apprendimento. La finalità appare anche ne ‘Il mio credo pedagogico’ come una FINALITÀ UMANA E SOCIALE, che consiste nell’attuazione di una società di uomini liberi, nella quale tutti danno il proprio contributo per l’arricchimento e la liberazione della vita degli altri.
Questo ideale di educazione alla democrazia assume una tonalità quasi etico-religiosa.
Anche il metodo scientifico assume una connotazione etica  tentativo di Dewey di umanizzare la scienza. Secondo Dewey infatti, occorreva porsi come obiettivo quello di umanizzare la scienza e la tecnologia per porle al servizio della speranza e della fede democratica. La democrazia viene intesa da Dewey come ‘idea morale’, e quindi il problema cruciale nel nostro tempo sarebbe proprio di subordinare la scienza e la tecnologia a questa idea morale. Per dare una finalità etica e culturale alle applicazioni della scienza, Dewey sosteneva che ci si dovesse rivolgere ad un organo diverso dall’indagine scientifica.
Nel suo scritto ‘Democrazia e educazione’ del 1916, Dewey vedeva nella FILOSOFIA l’organo per dare una finalità etica e culturale alle applicazioni della scienza. Solo la filosofia sarebbe stata in grado di dare all’uomo una visione dei fini e dei valori tale per cui sarebbe stato possibile umanizzare la scienza.
La scienza si fonde con la filosofia quando suggerisce un atteggiamento generale verso il mondo.




La filosofia ha 2 compiti: La scienza positiva implica sempre
Di criticare gli scopi esistenti, rispetto nella pratica, quali sono i fini che sono allo stato esistente della scienza da raggiungere nell’interesse della
Di interpretare i risultati della scienza in comunità. La scienza indica quindi la relazione con la loro portata sulla società via per ottenere degli obiettivi. futura



Grazie a questa specificazione, si può scorgere anche l’intima connessione tra filosofia ed educazione:



L’educazione è il laboratorio nel quale le La filosofia elabora teoricamente i valori distinzioni filosofiche diventano concrete e che l’educazione si pone come obiettivi dello vengono sperimentate. sviluppo dei giovani.  e quindi porta allo
sviluppo di una nuova moralità.

I VALORI COME FINI DELLA FILOSOFIA & IL PROBLEMA DELLA MORALE
Nel 1925, Dewey pubblicò ‘Esperienza e natura’, in cui approfondiva ulteriormente questi aspetti. La filosofia ha una funzione intermediaria tra le scienze e le arti e svolge un’importanza fondamentale nel dominio sociale e culturale.  da un lato si avvicina alle scienze rettificandone i risultati, dall’altro si avvicina alle arti determinandovi un allargamento.
In questo modo la filosofia è da un lato METODO e dall’altro VISIONE. Dewey la definisce ‘critica delle critiche’ perché ha l’obiettivo di chiarificare e indicare beni e valori.

Il vero problema per Dewey era quindi quello di definire la natura del ‘metodo’ attraverso cui la filosofia potesse elaborare criticamente i valori, i quali orientano gli uomini nella vita culturale e sociale.
Dewey si era reso conto che le energie liberate da scienza e tecnologia, in seno alla natura, erano state poste nelle mani di un’umanità incapace di controllare il proprio destino, e queste energie non erano state utilizzate nell’interesse della comunità, ma utilizzate per scopi negativi.

Occorreva quindi costruire una nuova morale, provvisoria, che potesse
risanare la spaccatura fra uomo e natura. Il potere che l’uomo aveva
tratto dai progressi nella scienza sembrava aver portato ad una nuova
schiavitù, invece che alla liberazione e al progresso vero e proprio.
Si dovevano foggiare nuovi costumi, nuovi fini e nuovi desideri negli
uomini e nella società.
MA DA DOVE SI POTEVANO ATTINGERE QUESTI NUOVI VALORI??
Secondo Dewey, i pochi cultori ‘disinteressati’ dell’indagine scientifica
li avevano già sviluppati: capacità di dubitare fino a che non si ottenga
l’evidenza, volontà di muoversi verso l’evidenza, e altri.
con questa evidenza, Dewey sosteneva che in alcune persone la scienza
avesse già creato una nuova morale. Tuttavia Dewey si chiedeva perché
questa nuova morale non si era maggiormente diffusa.

IN SINTESI: Dewey ritrovava nel seno stesso dell’indagine scientifica, i valori che avrebbero permesso all’umanità di volgere scienza e tecnologia verso l’attuazione di una società migliore.

In tutto questo, si poneva un compito grande all’educazione: secondo Dewey non era sufficiente dare a tutti una scuola, perché vi fosse libertà nella vita sociale. Esso era solo un primo stadio, il quale doveva avere contenuto e metodi con una base scientifica, altrimenti si sarebbe andati incontro al fallimento della democrazia.  per Dewey quindi il problema della scienza, dell’educazione e della causa democratica confluivano in uno solo ed erano strettamente connessi fra di loro. Le conseguenze disumane dello sviluppo tecnologico, che si sono manifestate nell’industrialismo e nelle guerre, apparivano a Dewey come un effetto della insufficiente estensione del metodo scientifico.
In questo contesto, Dewey usa l’espressione UMANIZZAZIONE DELLA SCIENZA: Essa sta ad indicare l’atto di rivolgere la scienza nel campo dei rapporti umani e sociali, e non la sua subordinazione strumentale a finalità egoistiche ed economiche. Lo spirito scientifico doveva modificare i costumi e portare ad una nuova moralità.
Secondo Dewey, non si doveva raggiungere la salvezza rifuggendo i mali presenti, ma modificandoli al proprio interno, proprio attraverso la costituzione di una nuova moralità. La questione era di carattere metodologico, ma tale da coinvolgere anche l’interesse morale. Sottolinea poi che NON si doveva mai abbandonare ‘il metodo dell’indagine’  poiché esso è l’unico metodo che si autocorregge nel suo operare, e che è valido in ogni forma di attività intellettuale e in ogni disciplina.
PROBLEMA: determinazione dei nuovi fini, cui arrivare mediante l’impiego dell’indagine.
2 ATTEGGIAMENTI POSSIBILI DI FRONTE ALLA SCIENZA E ALLA TECNOLOGIA:
Puro attacco, in cui vi è la condanna dei mali creati da scienza e tecnologia
Considerare scienza e tecnologia valide risorse, utilizzabili per perseguire un rinnovamento morale
Alla filosofia spetta inoltre il compito di abbattere la separazione fra mezzi e fini, poiché tale separazione è rovinosa e non conduce al rinnovamento della morale. Ponendo a suo fondamento il metodo scientifico, la filosofia abbatterà l’antica posizione teoricistica del pensiero.  In tal modo, la metodologia scientifica assunta all’interno del pensiero filosofico, apre la via alla considerazione dell’esistenza come ricerca e alla collaborazione umana, tolleranza reciproca e apertura agli altri.
Questo grande compito della filosofia (in sintesi, determinare fini e modelli cosi peculiarmente umani da costituire un nuovo ordine morale), si ritrova nello scritto ‘Reconstruction in Philosophy’ del 1948.

EDUCAZIONE AI VALORI E RICERCA DEL VERO
Sul terreno educativo, la posizione di Dewey nell’ultimo ventennio della sua vita, è dominata dal desiderio di saldare la finalità etica con le attitudini naturali dell’alunno. Qui viene fatto riferimento all’importanza dell’educazione ai valori e alla disinteressata ricerca del vero, che devono coincidere con la formazione di menti capaci di dare il proprio contributo alla società. Dewey sostiene nuovi fini e nuovi valori come:
giustizia, amore e verità (VALORI ‘non umbratili né vacillanti’), che hanno sfondo religioso
equanimità e integrità intellettuale (VALORI scaturiti dall’estensione del metodo scientifico alle cose umane).
La conciliazione fra questi 2 gruppi di valori non è stata chiaramente definita da Dewey.
L’umanità supererà la sua crisi se saprà creare nei singoli individui un atteggiamento di intrepidezza di pensare e il superamento della distinzione tra uomini superiori e inferiori.  la libertà più importante è la libertà dell’intelligenza, poiché non può essere libero chi non pensa alle ragioni del suo comportamento.
LO SCOPO PIU’ ALTO DELL’EDUCAZIONE STA NEL CREARE LA LIBERTA’ DELL’INTELLIGENZA.  IL PRINCIPIO E IL METODO DELL’EDUCAZIONE ATTIVA SONO STRETTAMENTE LEGATI AD ESSA. La trasmissione di un’idea dall’esterno riesce solo a riempire la mente di altre persone, ma non promuove verità e capacità di pensiero. Promuovendo invece esperienze di valore, l’insegnante favorisce nell’alunno l’attività del pensiero. Per Dewey FILOSOFIA, VITA DEMOCRATICA ed EDUCAZIONE sono strettamente connesse, e solo l’educazione può dar vita ad esseri capaci di pensare e collaborare fra loro.

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